giovedì 29 gennaio 2015

...per essere liberi bisogna avere tempo

Perché lottiamo per essere liberi e non mi stancherò mai di spiegare che per essere liberi bisogna avere tempo: tempo da spendere nelle cose che ci piacciono, poiché la libertà è il tempo della vita che se ne va e che spendiamo nelle cose che ci motivano. Mentre sei obbligata a lavorare per sopperire alle tue necessità materiali, non sei libera, sei schiava della vecchia legge della necessità. Ora, se non poni un limite alle tue necessità, questo tempo diventa infinito. Detto più chiaramente: se non ti abitui a vivere con poco, con il giusto, dovrai vivere cercando di avere molte cose e vivrai solo in funzione di questo. Ma la vita se ne sarà andata via… Oggi la gente si preoccupa di comprare, in una corsa infinita […].E allora non ha più tempo per le cose elementari, che sono molto poche e sono quelle di sempre, le uniche: le relazioni fra genitori e figli, l'amore, gli amici… Per tutto questo c'è bisogno di tempo!” José Pepe Mujica

La natura è il mio altare

“Io credo molto nella natura, adoro la natura. Se è Dio, allora questo è il mio Dio: l'amore che ho per la natura, l'ammirazione, direi persino la devozione. La natura è il mio altare: le anatre parlano, le foglie parlano, la natura biologica è un permanente canto alla vita… e alla morte, tutto insieme. Ci sono persone che credono che vivendo nel campo ci sia solitudine; ma la solitudine è dentro di loro! Lì non esiste solitudine, il campo è l'emporio della vita, che va e viene, un luogo in cui tutto fa segno, ogni cosa manda segnali. Il problema è poterlo vedere, permettere che ti raggiunga: ogni fogliolina, i trifogli, tutto si sta accomodando per trovare il miglior angolo d'incidenza. Questa è magia, una magia permanente. Esiste il mondo dell'idrogeno, il mondo minerale, ed esiste il mondo biologico, fatto di mondo minerale. L'universo è prevalentemente minerale, fisico e silenzioso, pieno di energia. La vita è un miracolo. Non ci rendiamo conto che nella magnificenza dell'universo a noi è toccato vivere in una macchietta di terra”. José Pepe Mujica

martedì 20 gennaio 2015

Dischi

Un disco comprato un po' per caso, inserto dell'interessante XL di repubblica, rivista che, in quanto interessante, ha naturalmente dovuto chiudere i battenti e continuare la sua vita solo sul web. Un disco bellissimo, ancor di più se leggete Dylan Dog o vi piacciono le atmosfere misteriose, un po' lugubri, i racconti (anche di vita) senza lieto fine. I Secondamarea sono un duo, voce femminile accompagnata da chitarra o tastiere. I testi di Sclavi sono molto veri, evocativi, intrisi di quella tristezza di chi non può capire il mondo, il tempo, la bassezza umana, il diverso. Bellissime ballate, alcune che stupiscono e ti si incollano addosso subito, come "Sfera" o l'inquietante primo pezzo del disco con la sua atmosfera liquida, cupa e poche parole:
"Nella notte fredda e scura, chi ha paura, chi ha paura?
Ha paura il mio bambino di incontrare l'assassino.
Ha paura l'assassino di incontrare il suo destino."

David Foster Wallace

"...il volto che do a quel terrore è la nascente consapevolezza che nulla è mai abbastanza, mi spiego? Che il piacere non è mai abbastanza, che ogni traguardo raggiunto non è mai abbastanza. Che c’è una sorta di strana insoddisfazione, di vuoto, al cuore del proprio essere, che non si può colmare con qualcosa di esterno. Secondo me funziona così da sempre, fin da quando gli uomini primitivi si picchiavano con le clave. Anche se si può descrivere in mille parole e in mille gerghi culturali diversi. E la sfida che ci si prospetta, in particolare, sta nel fatto che non c’è mai stata così tanta roba, e di qualità tanto alta, proveniente dall’esterno, che sembra tappare provvisoriamente quel buco, o nasconderlo."

Dischi

Il rock progressivo si è gradualmente spento con l'inizio degli anni '80 lasciando spazio al pop, al rock più melodico o più cattivo, e comunque alla forma canzone più semplice (tipo intro, sviluppo, ritornello orecchiabile, rientro, ritornello, ecc.). L'epoca per rock progressivo è stata una parentesi felice dove si mischiavano gli strumenti elettrici con quelli classici, dove la chitarra elettrica e le tastiere convivevano con violini e flauti, dove le canzoni erano storie, in continuo crescendo, con testi complessi e fantasiosi che spesso si rifacevano alla letteratura classica. Oggi, all'inizio del terzo millennio, pochi sono i musicisti che ancora percorrono e sviluppano quell'idea e quel modo di comporre. Uno di questi è Steven Wilson, uno di quelli che a mio parere ci riesce bene e che mescola bene evocative atmosfere e potenza sonora. Nel 2014 ha pubblicato questo bellissimo disco "The Raven that refused to sing". Un gran bel disco che mi sento di consigliare. Un disco che va ascoltato più volte, non fidatevi della prima impressione. Spesso il meglio richiede un po' più sforzo. E vi consiglio anche di vedere i bellissimi video che accompagnano alcuni brano contenuti nel disco, bellissimi.

 

Concerti

I Van Wagner propongono, secondo il mio modesto parere, una valida riproduzione degli anni d'oro dei Genesis. Ascoltarli e vederli è un piacere. Spettacolo curato nei minimi dettagli, grande atmosfera e perizia. Bel concerto, in un piccolo teatro e battesimo rocchettaro di qualità per mia figlia...